Le principali patologie dell'abete bianco e misure di salvaguardia

Paolo Capretti
Dipartimento Biotecnologie agrarie sez. Patologia vegetale, Università di Firenze

L'abete bianco, conifera caratteristica degli ambienti montani della penisola, anche laddove ha una antica origine mostra, non di rado, situazioni di crisi per problemi ambientali e attacchi parassitari da funghi ed insetti. Tali avversità possono essere favorite da alcune scelte colturali che si sono poi rilevate non adatte all'ambiente. Fra queste la pratica di estendere la piantagione di abete su terreni utilizzati in precedenza a coltura agraria o dedicati al pascolo, che hanno permesso agli agenti di marciume radicale (come Heterobasidion ) di diffondersi rapidamente. Durante gli ultimi decenni le abetine europee e quelle italiane in particolare, hanno manifestato ripetuti cicli di "crisi" e deperimento, talvolta estese morie ma più spesso sradicamenti di piante apparentemente sane e carie della parte basale del fusto con perdita di considerevoli volumi di legname. 

Studi condotti soprattutto in Italia centrale hanno evidenziato una forte dipendenza dello stato di deperimento e dei marciumi radicali con l'andamento delle precipitazioni e con l'accumularsi nella foresta di biomassa vegetale (piante ammalate, ceppaie, tronchi) sulla quale permanevano e si diffondevano funghi come Armillaria, Heterobasidion ed insetti corticicoli. In particolare i patogeni radicali potevano permanere a lungo sulle radici ( anche 20-25 anni) ed infettare le piante adiacenti. In questo caso i danni potevano consistere in schianti, per deterioramento delle radici di sostegno, o morte della pianta in piedi quando invece il patogeno colonizzava oltre alle radici anche l'alburno. Questa situazione e' stata osservata in diversi impianti di abete sul Monte Amiata. 

Morie di piante in piedi si osservano anche per invasione di batteri nella parte basale del cilindro legnoso con sviluppo di quello che viene definito il "cuore bagnato" che consiste nell'occlusione dei vasi e arresto del flusso della linfa verso la chioma la quale si disidrata e arrossa in poco tempo. Oltre agli agenti di marciume l'abete è soggetto a infezioni di microrganismi sulla chioma.

Questo tipo di danno, non frequente nelle zone centrali della penisola, soprattutto per la scarsa umidità atmosferica durante il periodo estivo, può essere causato da Lirula nervisequia (responsabile della caduta degli aghi, immagine a sinistra) o da Melampsorella caryophillacearum ,agente di ruggine, che provoca la formazione di scopazzi (immagine a destra). In definitiva in questi ultimi anni si è realizzato che la suscettibilità dell'abete bianco alle avversità, in particolare agli schianti e alle carie, è dovuta, oltre al clima, anche alla presenza di un patogeno dell'apparato radicale specializzato per questa conifera che rende difficile il mantenimento della coltivazione dell'abetina pura. 

L'introduzione di latifoglie all'interno dei popolamenti di abete e l'eliminazione di tronchi e ceppaie colonizzati da patogeni come Heterobasidion annosum potrà ridurre le fonti di inoculo degli agenti di marciume radicale che, insieme all'irregolarità del clima, costituiscono la principale causa di danno dell'abete bianco in questo contesto ambientale.